Garry Winogrand è stato un fotografo statunitense. Winogrand scattava con una Leica M4 35mm a telemetro, con lenti grandangolari e messa a fuoco manuale. Il soggetto principale delle fotografie di Winogrand fu la capacità dello stile di vita americano di esistere in situazioni insolite o talmente difficili da poterne sopravvivere soltanto ignorandole. La fotografia di Winogrand era una sofisticata osservazione casuale della vita quotidiana fatta di esposizioni inclinate e giochi di parole visivi. Lui stesso diceva: "Io fotografo per vedere come sono le cose dopo che sono state fotografate."Il suo approccio originale è frutto di un'acuta capacità di osservazione del comportamento umano unita a rapidità istintiva e a uno sguardo ironico e libero. Riconosciuto quale indiscusso protagonista della street photography, Winogrand ha sempre rifiutato qualsiasi tipo di categorizzazione sostenendo di essere semplicemente un fotografo e di essere spinto dalla curiosità di scoprire come, ad ogni scatto, la fotografia sottoponga la realtà ad un inevitabile processo di trasformazione. Winogrand si affida al proprio istinto e al potere della fotografia di vedere più di quanto possa fare l'occhio umano. Winogrand credeva che per descrivere uno stato d'animo, in fotografia, bisognasse cogliere l'attimo, amò di conseguenza anche lo stile di Henri Cartier-Bresson per la mancanza di progettazione del soggetto. Dal 1960 in poi, Winogrand portò avanti un meraviglioso lavoro di reportage sulla società americana, scattando un numero incredibilmente alto di fotografie nei luoghi di quotidiana frequentazione cittadina. Si recò spesso in giro per New York, con l'amico Lee Friedlander, per immortalare scene di vita vissuta. Accompagnò questa fervente passione al costante lavoro di giornalista freelance. Alla sua morte, avvenuta nel 1984 all'età di 56 anni a causa di un tumore alla colecisti, lasciò inedito un enorme archivio di 300.000 immagini, molte delle quali mai sviluppate. Alcune di queste vennero raccolte, esposte e pubblicate dal MOMA in un volume dal titolo Winogrand, Figments from the Real World.
martedì 6 agosto 2013
lunedì 29 luglio 2013
L'Occhio di ...- Annie Griffiths
Tra le prime fotoreporter donne di National Geographic, Annie Griffiths ha fotografato in quasi 150 paesi nel corso della sua illustre carriera. In aggiunta al suo lavoro per la rivista, Annie è profondamente impegnata a fotografare per le organizzazioni umanitarie di tutto il mondo. Lei è il direttore esecutivo di Ripple Effect immagini, un collettivo di fotografi che documentano i programmi che sono l'empowerment delle donne e delle ragazze in tutto il mondo in via di sviluppo, soprattutto perché hanno a che fare con gli effetti devastanti del cambiamento climatico. La Griffiths è particolarmente famosa per i ritratti che sanno cogliere gli aspetti più intimi delle persone. Annie è conosciuta anche per il suo calore, e per la sua capacità di creare velocemente fotografie che umanizzano diverse situazioni e culture. Racconta spesso delle lunghe ore trascorse a cercar di fare uscire dal guscio le persone più timide. Questo tirocinio le ha fatto acquistare l'esperienza e l'abilità necessaria che qualsiasi fotoreporter dovrebbe acquisire nell'approccio giusto con la gente, con le realtà che si vogliono raccontare attraverso le immagini. La fotografia è l'ultimo tassello di un puzzle fatto di intensità emotiva, saldamente intrecciato alla fiducia e ai rapporti umani. Un buon reportage non può prescindere da questo. Annie Griffits ha pubblicato numerosi libri fotogiornalistici e le sue fotografie sono state esposte nelle principali città del mondo. Essa è fondatrice di HotPink, un'associazione di fotogiornaliste che documenta l'andamento dei programmi di sostegno alle donne dei paesi in via di sviluppo.
lunedì 22 luglio 2013
L'Occhio di ...- Berenice Abbott
Berenice Abbott è stata una fotografa statunitense.
L'interesse della Abbott per la fotografia nacque nel 1923, quando Man Ray, che era alla ricerca di qualcuno che non sapesse assolutamente niente di fotografia e facesse quindi solo quello che gli veniva detto, la assunse come assistente alla camera oscura nel suo studio di Montparnasse. In seguito la Abbott scrisse: "Mi avvicinai alla fotografia come un'anatra si avvicina all'acqua. Non ho mai voluto fare niente altro." Ray rimase impressionato dai suoi lavori e le permise di usare il suo studio. Nel 1926 la Abbott tenne la sua prima mostra personale e avviò un suo studio, in Rue du Bac. Dopo un breve periodo passato a studiare fotografia a Berlino, fece ritorno a Parigi nel 1927 e avviò un secondo studio, in Rue Servandoni. Le sue realizzazioni nel mondo della fotografia sono uniche e di ampio respiro. Come fotografa, la Abbott ha dato importanti contributi all'arte del ritratto, alla fotografia documentaria e alla fotografia scientifica. Nel 1925 venne introdotta da Man Ray alla fotografia del fotografo francese Eugène Atget. Divenne così una grande ammiratrice delle opere di Atget, più di quanto lo fossero Ray e la sua cerchia, e nel 1927 riuscì a convincerlo a posare per un ritratto. Atget morì poco tempo dopo. Come archivista, la Abbot mantenne e promosse il lavoro di Eugène Atget per quasi 40 anni. Fu una donna incredibile, era una fotografa ma allo stesso tempo era anche un insegnante, un inventrice e un importante teorica della fotografia. La fotografia scientifica la portò a sviluppare nuove apparecchiature fotografiche, metodi di illuminazione e tecniche. Le sue fotografie scientifiche furono utilizzate per le illustrazioni dei libri di testo scolastici. La fotografia della Abbott si può dividere in tre distinti periodi: autoritratti, New York e la fotografia scientifica.
L'interesse della Abbott per la fotografia nacque nel 1923, quando Man Ray, che era alla ricerca di qualcuno che non sapesse assolutamente niente di fotografia e facesse quindi solo quello che gli veniva detto, la assunse come assistente alla camera oscura nel suo studio di Montparnasse. In seguito la Abbott scrisse: "Mi avvicinai alla fotografia come un'anatra si avvicina all'acqua. Non ho mai voluto fare niente altro." Ray rimase impressionato dai suoi lavori e le permise di usare il suo studio. Nel 1926 la Abbott tenne la sua prima mostra personale e avviò un suo studio, in Rue du Bac. Dopo un breve periodo passato a studiare fotografia a Berlino, fece ritorno a Parigi nel 1927 e avviò un secondo studio, in Rue Servandoni. Le sue realizzazioni nel mondo della fotografia sono uniche e di ampio respiro. Come fotografa, la Abbott ha dato importanti contributi all'arte del ritratto, alla fotografia documentaria e alla fotografia scientifica. Nel 1925 venne introdotta da Man Ray alla fotografia del fotografo francese Eugène Atget. Divenne così una grande ammiratrice delle opere di Atget, più di quanto lo fossero Ray e la sua cerchia, e nel 1927 riuscì a convincerlo a posare per un ritratto. Atget morì poco tempo dopo. Come archivista, la Abbot mantenne e promosse il lavoro di Eugène Atget per quasi 40 anni. Fu una donna incredibile, era una fotografa ma allo stesso tempo era anche un insegnante, un inventrice e un importante teorica della fotografia. La fotografia scientifica la portò a sviluppare nuove apparecchiature fotografiche, metodi di illuminazione e tecniche. Le sue fotografie scientifiche furono utilizzate per le illustrazioni dei libri di testo scolastici. La fotografia della Abbott si può dividere in tre distinti periodi: autoritratti, New York e la fotografia scientifica.
lunedì 15 luglio 2013
L'Occhio di... - Mario Giacomelli
“Per me che uso la macchina fotografica è interessante uscire dal piano orizzontale della realtà, avere la possibilità di un dialogo stimolante perché le immagini abbiano un respiro irripetibile.
Riscrivere le cose cambiando il segno, la conoscenza abituale dell’oggetto, dare alla fotografia una pulsazione emozionale tutta nuova.
Il linguaggio diventa traccia, necessità, spirito dove la forma si sprigiona non dall’esterno, ma dall’interno in un processo creativo.
Lo sfocato, il mosso, la grana, il bianco mangiato, il nero chiuso sono come esplosione del pensiero che dà durata all'immagine perché si spiritualizzi in armonia con la materia, con la realtà, per documentare l’interiorità, il dramma della vita.
Nelle mie foto vorrei che ci fosse una tensione tra luce e neri ripetuta fino a significare.
Prima di ogni scatto c’è uno scambio silenzioso tra oggetto e anima, c’è un accordo perché la realtà non esca come da una fotocopiatrice, ma venga bloccata in un tempo senza tempo per sviluppare all’infinito la poesia dello sguardo che è per me forma e segno dell’inconscio.
Il linguaggio è così la coscienza espressiva interna che ha accarezzato la realtà pur rimanendo fuori, è l’attimo originale, testimone di una realtà tutta mia, un prelievo fatto sotto la pelle dell’oggetto, guidato fuori dalle regole per una libertà che è anche allargamento alle possibilità del reale. ”
Mario Giacomelli
Mario Giacomelli ed è stato un tipografo, poeta, pittore e soprattutto fotografo italiano.
Giacomelli lavorò per tutta la vita nella "Tipografia Marchigiana" e si dedicò alla fotografia soltanto nel tempo libero e tutti i giorni dopo cena, fotografando inizialmente i dintorni di Senigallia. Dal provino, con una lente, individuava il punto interessante e lo andava ad ingrandire stampando poi un 30x40 cm. Le sue immagini sono molto importanti per tutta la storia della fotografia. Dopo il 1955, ma soprattutto dopo che il MOMA di New York acquistò la serie Scanno, nel 1963, acquisì grande fama in Italia e all'estero.
Nelle sue foto, sempre in bianco e nero, di cui curò personalmente la stampa fino a portare a galla i segni che lo interessano, la realtà viene trasfigurata in idee e sensazioni.
Il segno che ottenne nelle sue stampe è molto forte, i neri sono molto carichi, il forte contrasto porta a galla i grafismi, la grana è evidente. Le sue foto rappresentano un mondo ugualmente diviso tra amore e sofferenza sia che si tratti di paesaggi che di lavori a sfondo sociale. Il fotografo marchigiano ha fatto qualcosa di speciale, ha messo in scena i sogni, lo ha fatto con la sua vecchia macchina fotografica, sempre la stessa nel corso degli anni, tenuta assieme da pezzi di nastro adesivo.
giovedì 4 luglio 2013
FRAME CONCORSI - ESPRESSIONI DI DONNA
Tema:
L'Associazione culturale "Orizzonti 2001", in collaborazione con il Comune di Ginosa, nel progetto "Contro la violenza sulle donne", indice un concorso fotografico ispirato al tema "Espressioni di donna". L'obiettivo è sensibilizzare sulla crescente violenza sulle donne e raccontare il sentimento degli artisti nei confronti di questa problematica. Possono partecipare tutti gli artisti italiani e stranieri che desiderosi di affrontare questo tema.
Scadenza: 10 settembre 2013
Sezioni: Unica
Costo: Iscrizione gratuita
Premio: €100,00 per ogni opera
Link: PER MAGGIORI INFO CLICCA QUI

Scadenza: 10 settembre 2013
Sezioni: Unica
Costo: Iscrizione gratuita
Premio: €100,00 per ogni opera
Link: PER MAGGIORI INFO CLICCA QUI
venerdì 28 giugno 2013
Fr4me Culture - Omaggio a Gabriele Basilico
Fr4me Culture - Omaggio a Gabriele Basilico
Tipologia: Fotografia
Luogo: Museo di Fotografia Contemporanea, Villa Ghirlanda
Date: fino al 06/10/2013
Indirizzo: Via Giuseppe Frova 10, Cinisello Balsamo (MI)
Orari: mercoledì, giovedì, venerdì 15.00 - 19.00, sabato e domenica 11.00 - 19.00
Orari: mercoledì, giovedì, venerdì 15.00 - 19.00, sabato e domenica 11.00 - 19.00
LA MOSTRA
A pochi mesi dalla sua scomparsa, il Museo di Fotografia Contemporanea dedica una mostra a Gabriele Basilico, un omaggio sincero e affettuoso a uno dei riconosciuti maestri della fotografia contemporanea europea, e a un grande amico del Museo. Come artista, si colloca in posizione centrale nel contesto della grande fotografia documentaria internazionale. Grazie al rigore, alla vastità e alla saldezza della sua ricerca totalmente dedicata, negli anni, al difficile tema del paesaggio urbanizzato in continua trasformazione, egli è uno dei maestri che hanno costruito la fotografia contemporanea e ne hanno consentito l’ingresso nel mondo dell’arte. In mostra una selezione di 110 opere, che datano dal 1969 al 1998, divise per ricerche e nuclei tematici. Molto rilevante e utile per capire le origini del suo linguaggio, è la presenza di fotografie del primo periodo, tra fotografia sociale, ritratto, prime indagini urbane, presentate nella sala al primo piano del Museo: Glasgow, 1969, Milano. Quartieri popolari, 1970-73, Terni, 1976, Dancing in Emilia, 1978, Contact, 1978, In pieno sole, 1978, Milano. Ambiente urbano, 1978-81.
COSTI & INFO
lunedì 24 giugno 2013
L'Occhio di ...- Erwin Blumenfeld
Erwin Blumenfeld è considerato uno dei fotografi più influenti del ventesimo secolo. Nato a Berlino nel 1897, dopo la prima guerra mondiale è costretto a trasferirsi ad Amsterdam nel 1918 per problemi economici, dove entra a far parte nel 1920 del gruppo Dadaista (di cui Man Ray era un'esponente) olandese. Qui apre un'attività commerciale: un negozio di borsette per signora. E proprio nel retrobottega del negozio, di notte, nasce e cresce la sua produzione artistica, fotografa manichini, sperimenta tecniche di camera oscura e propone alle clienti l'opportunità di un ritratto fotografico. Blumenfeld fu dunque sperimentatore e grande innovatore, ha prodotto tantissimo lavoro durante la sua carriera di ben 35 anni, dai nudi in bianco e nero ai ritratti di celebrità, dalle campagne pubblicitarie alla sua celebre fotografia di moda. Ha preso più copertine per Vogue di ogni fotografo prima o dopo ma la sua fotografia d'arte è stato per lungo tempo messo in ombra dal suo lavoro commerciale. Fotografò in bianco e nero quando si trattata di lavori personali e a colori quando invece si trattava di moda. Quello di Blumenfeld fu lo stile di un uomo che volle sempre sperimentare, giocare con l'immagine, ricercare nuovi effetti, e quindi, osserviamo: esposizioni multiple, combinazioni di negativi e positivi in camera oscura, accostamenti di luci artificiali e naturali, solarizzazioni e prospettive d' inquadratura abbastanza originali.
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